martedì 9 giugno 2020

morbid angel, 'altars of madness'


non è difficile tracciare la linea storica del death metal, se non ci si addentra nei meandri dell’underground: i venom hanno ispirato gli slayer, gli slayer hanno ispirato i possessed, i possessed hanno ispirato i death, i death hanno più o meno fissato le coordinate sonore del genere per tutti gli altri venuti dopo. quello che è venuto dopo si è aperto in due filoni principali, da una parte il grindcore inglese che si imbastardiva con l’hardcore, dall’altra il brutal floridiano; se per il primo abbiamo i napalm death come indiscussi portatori di bandiera, per il secondo abbiamo i morbid angel (mentre i sempiterni obituary e i deicide mantenevano una linea più death “classica”). a seguire arriverà la svezia a dire la sua ma in questo momento non ce ne può fregare di meno.

i morbid angel sono la creatura di george emmanuel iii, meglio conosciuto dai più come trey azagthoth, chitarrista unico nel suo genere, vero e proprio visionario con una mano inimitabile e una fantasia infinita negli arrangiamenti e assoli. all’inizio è insieme all’amico batterista e cantante mike browning, che lascerà prima di ‘altars’ per formare i nocturnus, e al bassista dallas ward di cui, per quanto ne so, si perderanno le tracce. entrambi lasciano prima dell’esordio e i loro rimpiazzi diventeranno una formazione leggendaria: richard brunelle alla seconda chitarra porterà un tocco più melodico e “terrestre”, dave vincent porta la sua voce marcia e violentissima oltre al basso ma soprattutto porta il suo compagno batterista nei terrorizer, pete ‘commando’ sandoval, una delle migliori macchine da guerra che il metal abbia mai avuto, batterista violentissimo, velocissimo, tutto -issimo che diverterà un simbolo per tutto il genere.
in realtà prima dell’arrivo di vincent e sandoval ci fu la falsa partenza di ‘abominations of desolation’: registrato nell’86, contiene già alcuni pezzi che andranno sui dischi successivi ma è penalizzato da una pessima registrazione e un orrendo mix che lo rendono interessante solo come documento.

tutt’altra storia il vero esordio ‘altars of madness’. (per chi non lo sapesse, i dischi dei morbid angel sono in ordine alfabetico)
l’attacco di ‘immortal rites’ è fatto di nastri rivoltati che spiazzano, prima che entri il grandioso riff principale a presentare al mondo un nuovo modo di suonare death metal, ancora più veloce, intricato, fatto di riff contorsionisti e doppia cassa a tappeto. si sentono gli slayer, i possessed e i death ma il livello di parossismo è portato ancora oltre, con la voce allucinata di vincent ad invocare i grandi antichi in mezzo al putiferio. quando finisce non va meglio perché ‘suffocation’ attacca alla faccia con un blast beat selvaggio e il riffing di azagthoth a virare il timone del pezzo. ‘visions from the dark side’ introduce cascate di riff tremolo, ‘maze of torment’ spiazza con una struttura piena di cambi, parti di batteria folli e un break rallentatissimo e opprimente, è un susseguirsi di brani che utilizzano un numero relativamente ristretto di formule ma ne danno interpretazioni in continua mutazione, mostrando al mondo quello che il gruppo saprà fare negli anni a seguire. gli assoli di azagthoth sono schegge folli che spesso rasentano il puro rumore, scelte più timbriche che melodiche che negli anni lo porteranno a livelli di sperimentazione estremamente interessanti.

alla fine sono neanche 40 minuti di musica ma questi 40 minuti hanno cambiato la vita a un sacco di musicisti. le influenze sono ancora evidenti, slayer, death e possessed sono un po’ ovunque ma i testi e la velocità dei pezzi sono inauditi, è la proverbiale pietra lanciata più lontano che segna un nuovo orizzonte. ben presto gli stessi morbid angel si libereranno dalle influenze di gioventù per continuare con 3 album uno più bello dell’altro, tutti superiori ad ‘altars of madness’ ma la carica innovativa di questo album esplode sulla scena metal creando centinaia di band clone e viene giustamente ricordato come una pietra mliare.