venerdì 12 dicembre 2014

pink floyd, "the endless river"



molte volte esordisco con "è difficile parlare di questo disco". può sembrare strano che in questa grande occasione invece dica esattamente il contrario, ancora più strano se si considera la conclusione del discorso: questo è, ovviamente, il disco dell'anno 2014. perché? è molto semplice: è il più bel disco a nome pink floyd da the wall ad oggi, supera non di poco sia il mediocre 'a momentary lapse of reason" che il buon 'the division bell', dalle cui sessioni derivano le basi per questi "nuovi" pezzi.
metto le virgolette perché il materiale di partenza era stato scritto e già registrato dal compianto rick wright proprio nel '93-'94 ed oggi è stato completato e rimaneggiato dai due superstiti gilmour e mason (manco a dirlo, waters ripudia tutto ciò ed ha probabilmente un altarino davanti al quale lancia orribili maledizioni nei confronti dei due ex-colleghi).

allora, se vi aspettate che questo disco vi cambi la vita come 'dark side' o se sperate in qualcosa di nuovo e mai sentito o un'ulteriore evoluzione del suono pink floyd, 1) non avete letto le decine e decine di dichiarazioni di gilmour e mason a tal proposito, nelle quali presentano l'album come un tributo a wright basato su quelle registrazioni che in principio dovevano andare a comporre un disco ambient "compagno" di 'division bell', quindi quasi più un divertissement, 2) dai, su. partendo da questi presupposti, è facilissimo immaginare cosa si andrà ad ascoltare, se ancora si spera in una nuova rivoluzione… allora non vi capisco proprio.

quintali e quintali di tastiere ambient, loop e suoni dall'iperspazio che avvolgono e incantano come solo loro sanno fare, la batteria di mason morbida e cullante (che in un loop arriva a riportare la mente a "a saucerful of secrets"), la chitarra di gilmour lirica ed onirica che canta le sue linee sinuose e sopra a tutto i suoni di wright. TUTTI i suoni di wright, piano, hammond e i classici synth che vanno ora a citare "welcome to the machine", ora "the great gig in the sky" poi le delicate tappezzerie sonore di "shine on". messa così sembra un riassunto di una carriera e infatti è spesso proprio così ma l'intenzione che si percepisce è più quella di un gruppo di musicisti che si muove liberamente nell'ambiente che gli è più familiare in assoluto e ci si culla in un turbine di memorie. qualcuno ha notato come questo sia un disco sull'assenza ancora più di "wish": le basi son scritte e suonate da un morto, si citano momenti sia di barrett (morto) e waters (molto assente) e la copertina è realizzata come sempre dallo studio hipgnosis, fondato dal genio storm thorgerson… morto. e le dichiarazioni di gilmour riguardo allo stato della band (i pink floyd non esistono più e questo è l'ultimo disco che vedremo uscire con quel nome) fanno sì che di fatto anche i pink floyd stessi siano già morti. è un disco in cui tutto è lontano, gli appigli sono proprio quei suoni che ci ricordano i tempi che furono. 


l'unico pezzo cantato del disco (di cui non starò a citare altri brani poiché lo considero come un'unica suite, se conoscete il gruppo saprete trovare tutte le citazioni sparse) è la conclusiva 'louder than words' in cui gilmour ci racconta il suo punto di vista su ciò che sono stati i pink floyd nella storia. quello che poi sono stati per ognuno di noi è questione sulla quale si potrebbe parlare per mesi, io so cosa sono stati per me e so che 'the endless river' è un'opera commovente e sincera che rivelerà ad ogni ascolto sempre più strati di lettura ma che alla fine resterà esattamente quello che è nelle intenzioni dei suoi creatori: l'ultimo disco dei pink floyd, non un capolavoro ma il gran finale su cui scorrono le foto e i titoli di coda di un film che non ha alcun eguale nella storia del rock e della musica tutta. mi basta per farne il disco dell'anno.