giovedì 28 marzo 2013

nanodischi #4: marzo 2013




david bowie - the next day (2013)

considerando che david bowie mi ha sempre detto molto concettualmente ma poi musicalmente non è mai risucito a fare un disco che riuscissi ad ascoltare dall'inizio alla fine, devo dire che questo nuovo album mi ha stupito. ha dei gran bei pezzi vecchio stile (periodo glam) e qualche ombra di berlino qua e là. se siete fan suppongo vi piacerà. nonostante la copertina.

jim james - regions of light and sound of god (2013)

interessante esperimento quello di jim james. registra l'intero disco da solo creando ambienti sonori molto aperti e ariosi grazie a costruzioni chitarristiche di una certa importanza e arrangiamenti che lasciano il respiro necessario alle composizioni. alla lunga però la voce è stucchevole e stanca e i pezzi tendono ad assomigliarsi un po' troppo.

byrds - younger than yesterday (1967)

ogni tanto è giusto ricordare da dove arrivi tutto quanto. in questo disco i byrds, come anche i beatles nello stesso periodo, iniziano a imbastardire le composizioni con effetti strampalati, nastri al contrario e analità varie. ne esce un disco che è una luce nel buio per chiunque cerchi sincera e genuina ispirazione, un capolavoro che non conoscere è un crimine orribile nei confronti della cultura. sapevatelo.

fates warning - disconnected (2000)

in quel periodo in cui quello che viene chiamato "prog metal" o "neo prog" (o altri ridicoli nomi inventati dalla stampa) stava agonizzando in una pozza del suo stesso rugurgito di migliaia di note inutili, due gruppi potevano salvare il mondo: i pain of salvation e i fates warning. "disconnected" è un disco geniale che porta alle estreme conseguenze il suono di "a pleasant shade of gray": cupo, ossessivo, disperato, attraversato da micidiali correnti elettroniche e sostenuto dalla sempiterna voce di ray alder. più cervello di così si muore. o si è robert fripp.

ben harper/charlie musselwhite - get up! (2013)

beh harper mi ha sempre, sempre, sempre, sempre rotto il cazzo. noioso, lagnoso, sciapo e inutile. e invece. e invece questo disco è una figata. alleatosi con l'armonicista charlie musselwhite, lo smuntino di pomona (che, giusto perché fa ridere dirlo, è lo stesso luogo natale di tom waits) tira fuori un disco blues che più blues non si può: sporco, crudo e diretto, con tutti i riferimenti del caso, da robert johnson a john lee hooker e tutto quello che ci sta in mezzo. non avrà conseguenze sul mondo della musica ma si ascolta che è un piacere.

chicago - 3 (1971)

ah sì, i chicago, quelli di "hard to say i'm sorry". no. proprio no. loro sono sì i chicago, ma prima di quella merdaglia che hanno buttato fuori negli anni 80 erano un gruppo funk rock con due palle come cocomeri. ascoltando "3" non si può stare fermi, è un flusso unico di groove, melodie stellari e arrangiamenti sublimi (soprattutto per la sezione fiati) che spesso e volentieri sfociano in jam collettive che devono aver abitato i sogni di omar rodriguez lopez per molto tempo. dimenticate gli anni 80, i chicago veri stanno qui.

subterranean masquerade - home (2013)

dopo otto anni di attesa, ecco l'aperitivo (ep di due pezzi) prima del nuovo disco, in uscita nei prossimi mesi. con mani tremanti schiaccio play. e rimango deluso. i due pezzi non dicono veramente una fava. le idee sono confuse, nel loro passare da un genere all'altro creano stacchi che suonano incollati l'uno all'altro, senza dare quella coesione ed atmosfera che rendevano "suspended animation dreams" il discone che è. inoltre, i suoni: il primo pezzo è iperprodotto e compresso e uccide le dinamiche invece di esaltarle, il secondo suona come un demo registrato in cameretta. speriamo che questi fossero scarti, se il disco segue queste coordinate potrebbe trattarsi della peggior delusione da un bel po' di anni a oggi.

pinnick gales pridgen - pinnick gales pridgen (2013)

tre musicisti dalla tecnica e feeling indiscutibili si mettono insieme per divertirsi un po'. non è certo cosa nuova, soprattutto nella lista di produzioni della magna carta che dai liquid tension experiment in poi ha fatto dei supergruppi un motivo di vita. qui l'alchimia funziona veramente bene, il soul rock hughes-iano di pinnick (king's x) si fonde col groove mortale e la tecnica di thomas pridgen (ex-mars volta per chi non lo sapesse) e la chitarra hendrixiana (e vaughaniana) di eric gales (lauryn hill e mille progetti e collaborazioni) a creare un disco in cui rock, soul, funk, blues e hard si fondono armoniosamente. per tutti i fan della buona musica suonata.

giovedì 21 marzo 2013

how to destroy angels, "welcome oblivion"





l'altalena figata-merda su cui è salito trent reznor 6 anni fa sembra che si sia un pochino stabilizzata da qualche tempo (almeno dalla bellissima colonna sonora di "the social network"). (ha vinto un oscar.) (no dico, trent reznor. ha vinto un oscar.) (non è ciò bellissimo e orribile contemporaneamente?)

ciononostante, il primo ep del nuovo progetto how to destroy angels (d'ora in poi htda perché non ho voglia nemmeno di fare copiaincolla) era una schifezza. il secondo invece mi aveva stupito in positivo, esattamente come ha fatto il qui presente "welcome oblivion".
se da una parte il ricordo delle psicosi e del marciume e lo schifo e la fanga e la droga e le secchiate di letame mi fa rimpiangere i bei tempi che furono, dall'altra parte c'è la comprensione verso un uomo cambiato che sta ricostruendo un suono scevro dalle bordate di violenza di un tempo ma comunque inquieto e minaccioso, affacciato su un abisso digitale in continua risonanza.

si sentono i nine inch nails in questo disco, eccome. si sentono tanto gli esperimenti dei "ghosts i-iv" ma anche le tracce strumentali di "the fragile" e le melodie e gli spippoli analogici secchi di "pretty hate machine".
la differenza grossa sta ovviamente nella voce: reznor si limita ai controcanti e raramente si mette in primo piano, lasciando la scena alla moglie mariqueen maandig (che potete vedere in questa foto abbracciata al maritino che stava per vincere un oscar. sì, ha vinto un oscar. e sembrava morgan grimes di chuck.). è una scelta, condivisibile o no. di buono c'è che la sua interpretazione porta i pezzi più lontano ancora dal suono nine inch nails e dona un'ariosità che aiuta la fruizione del disco. di non buono c'è che non è la voce di trent. e che alla lunga si rivela un'interprete piuttosto monotona che può stancare ma la valanga di effetti e sguirzirigli che interagiscono con le sue corde vocali aiuta in questo senso.

l'altra cosa che aiuta sono le canzoni. completamente elettroniche, a parte le voci, si snodano caratterizzandosi ognuna per un particolare suono e melodia, nascendo evidentemente da frammenti che si evolvono in macrostrutture semplici ma in continuo mutamento.
non trovo molto senso nel citare questa o quell'altra canzone, anche se trovo che "ice age", "how long?" e "we fade away" rappresentino al meglio le direzioni che il disco prende e le varie memorie che si porta dietro.
manco a dirlo il mix è impeccabile e tutto suona come un sogno strano in cui si è sospesi senza vedere nulla ma sentendo tutto. tipo.

in conclusione si può tranquillamente dire che il disco sia riuscito più che bene e mi terrà compagnia per un po' di tempo in attesa di vedere se il progetto saprà evolversi o se soccomberà nell'ondata che la appena confermata reunion dei nine inch nails può generare. staremo a vedere, intanto benvenuto abisso.

http://grooveshark.com/#!/album/Welcome+Oblivion/8682680

nick cave and the bad seeds, "push the sky away"




ne è passato di tempo da lazarus. non solo, questo tempo ha visto nicolino caverna e i suoi portare avanti il nome dei grinderman con tanto di tour, abituandoci all'idea della ritrovata voglia della compagine di fare un gran casino con il rocchenrol. forse per questo ci vuole un attimo ad abituarsi all'idea che cave sia tornato alle morbide atmosfere notturne che hanno spadroneggiato su dischi come boatman's call, no more shall we part o nocturama. noioso il primo, troppo lungo e monotono il secondo, nammerda il terzo.
c'è quindi gran felicità da parte mia nel constatare che questo nuovo disco non assomigli a nessuno dei tre sopra citati e sia nettamente superiore a tutti loro.

qui infatti non c'è quel pianocentrismo (mi piaceva, me la sono inventata) che appiattiva le canzoni e le rendeva una palla al cazzo ma piuttosto una sorta di versione light di lazarus. rimangono infatti i giri di basso ripetuti all'infinito di martyn casey e le texture di archi e distorsioni di warren ellis ma tutto è morbido e leggero e le tensioni sono portate dalle melodie ondeggianti, come nella splendida "water's edge", e da giri armonici che incessantemente crescono e decadono, come nel magnetico singolo "jubilee street".

c'è poi un magistrale colpo di coda nella lunga "higgs-boson blues", vero capolavoro del disco: un blues contratto (ad ottenere quell'effetto tensione-distensione di cui sopra) che, portato avanti per quasi 8 minuti, passa dall'essere quasi timido e dimesso per arrivare a picchi epici con tanto di cori. su questo si srotola il papiro delirante di cave che passa dal cern di ginevra a miley cyrus con in mezzo robert johnson e satanello.

da citare sicuramente anche l'incantevole title-track posta in chiusura al disco, languida e lontana, ci lascia con la voce di cave adagiata su un tappeto di organo per un commiato perfettamente in linea col disco.

lui sono anni che la sua rivoluzione l'ha fatta. da let love in in poi si sono susseguiti una serie di dischi sul cui valore oggettivo è inutile stare a discutere, a ognuno ne piace uno più di altri più per affetto che per valore del disco in sé (se chiedete a me vi dico murder ballads). questo nuovo album non fa eccezione: idee ce ne sono in abbondanza, menzione speciale per il mix e mastering che mantengono un atmosfera live anche nei momenti più rifiniti, i testi sono ispirati e l'interpretazione di cave è perfetta (nonostante lo si senta meno istrionico del solito ma anche questo è parte del gioco).
se lo amate, il disco l'avete già per cui è inutile che io parli. se non lo amate, potete riprovare da qui. se ancora non lo amate siete delle brutte persone.

http://grooveshark.com/#!/playlist/Push+The+Sky+Away/82950220 (canzoni in disordine, dovete rimetterle a posto)