lunedì 12 novembre 2018

david sylvian, 'secrets of the beehive'


un capolavoro è un disco perfetto? non per forza. esistono capolavori che sono lungi dalla perfezione, altri invece ci si avvicinano spaventosamente ma solo una manciata di opere raggiunge veramente un compimento perfetto. ‘secrets of the beehive’, senza alcuna ombra di dubbio, è fra questi. non fatevi fregare dalla mia "occasionale" poca obiettività, questo è un disco che, oggettivamente, raggiunge in pieno tutti i suoi obiettivi e che riesce a coniugare perfezione formale e contenutistica, oltre ad una simbiosi lirico-musicale che ha ben pochi eguali.

piccola parentesi: ho lavorato con una persona che con sylvian ci ha collaborato, l’ha conosciuto e l’ha visto all’opera; il suo commento riguardo questa esperienza è stato “se solo premi rec mentre gli fai leggere l’elenco del telefono registri un capolavoro”. a parte la battuta, l’espressività vocale di sylvian è ciò su cui si basa l’intero disco (e la sua intera carriera), talmente avvolgente e ipnotica da far passare quasi in secondo piano gli incredibili arrangiamenti di ryuichi sakamoto, fondamentalmente acustici; ma. 
ma da un mago della commistione come sakamoto non puoi aspettarti un lavoro semplice, mai: il sottofondo di queste poesie musicali è fatto sì di piano, chitarre acustiche, archi e fiati ma anche di nastri in loop, chitarre trattate, synth e organi. è una musica da camera, generalmente novecentesca con qualche puntata nel romanticismo, avvolgente e intima, sempre molto chiara negli intrecci e mai caotica; pochissime le percussioni che non virano mai il tono puramente europeo dell’opera.
il fatto che abbia usato il termine “poesie musicali” non faccia pensare che le canzoni siano in secondo piano, anzi, ogni testo viene interpretato in maniera unica, sia vocalmente che strumentalmente e questo risulta in un susseguirsi di melodie memorabili, ognuna con una sua specifica identità inserita nello stile melodico di sylvian. difficile e poco sensato citare le singole canzoni, l’edizione originale del disco dura meno di 35 minuti e scorre come opera unitaria; di certo è difficile non dire dei picchi emotivi di ‘the devil’s own’ o dei sublimi momenti strumentali in ‘when poets dream of angels’ e ‘mother and child’ (retta da una semplice linea di contrabbasso).

i toni sono cupi e piovosi, è un disco autunnale (del resto si apre con ‘september’) e dimesso i cui testi, criptici ma molto immaginifici, rimandano a miti e leggende nei contenuti ma restano moderni nella forma. sylvian abbraccia il suo tono baritonale e lo sfrutta in ogni modo, mostrando fra le righe una padronanza tecnica ferma e sicura (in particolare i suoi vibrato a mezza voce lasciano un segno indelebile).
la lista di ospiti che accompagna l’inglese contiene alcuni dei suoi collaboratori di sempre, oltre all’onnipresente sakamoto ci sono steve jansen e david torn (onirico in ‘the boy with the gun’), ma anche danny thompson al contrabbasso (già collaboratore di un altro cantautore unico nella storia, il genio john martyn) e mark isham a tromba e flicorno, tutti pezzi fondamentali nei puzzle di suoni che compongono i brani. questo miscuglio di personaggi contribuisce alle mille sfumature di un album che non si sbilancia mai verso un genere o un altro ma continua ad accennare alla classica da camera, al jazz, al pop d'autore, sfrutta fraseggi flamenco e cascate di note da avanguardie novecentesche ma si definisce unicamente nella sua originale ed equilibrata commistione. nonostante la quantità di colori e timbri utilizzati è comunque un album assolutamente coeso e perfettamente logico dall'inizio alla fine.

‘secrets of the beehive’ è un disco completamente fuori dal tempo che rielabora le influenze (drake, cohen e persino l’eterno fanciullo ayers) e si pone come pietra miliare del cantautorato (e non solo, i talk talk di ‘spirit of eden’ e gli ulver di ‘shadows of the sun’ ne sanno qualcosa). qui la profondità dei testi si rispecchia sempre nella creatività degli arrangiamenti in una perfezione formale tremendamente seria ma mai pesante; inoltre la sua durata contenuta aiuta l'ascolto, altro segno della coscienziosità di sylvian.
un capitolo unico, non solo nella discografia di sylvian ma della musica leggera tutta.