domenica 12 luglio 2020

pain of salvation, 'scarsick'


dopo l’uscita di ‘be’, gli eventi in casa pain of salvation prendono una strana piega quando kristoffer gildenlöw lascia il gruppo dopo essersi trasferito in olanda. può non sembrare molto ma per un gruppo come loro, basato sull’alchimia tra i componenti, è come perdere un fratello. beh, tecnicamente per qualcuno è proprio perdere un fratello.

e quindi il gruppo va in studio senza bassista e daniel si occupa delle parti di basso di ‘scarsick’, anticipato dallo scanzonato singolo ‘america’ che lascia tutti un po’ perplessi. questa perplessità arriva a livelli molto alti quando il disco esce e tutti troviamo nella costina interna la scritta “the perfect lement part 2: he”. a questo punto sono passati 7 anni dal primo capitolo ma l’aver perso un membro fondamentale non ferma gildenlöw dal fare questa mossa pretestuosa e non particolarmente felice. ammetto che personalmente tendo a dimenticarmi di questo fatto e lo ascolto semplicemente come ‘scarsick’, anche perché il disco ha ben poco della carica emotiva di ‘element’.

è un disco che reagisce alle esagerazioni di ‘be’ ritrovando una dimensione molto più rock e fisica, per quanto non manchino momenti eclettici come la curiosa ‘disco queen’, che alterna momenti di schitarrate a un riff e ritornello che fanno il verso ai bee gees. 
l’inizio è ottimo, la title-track posta in apertura salta in faccia con un riff secco e grezzo, il suono è pieno e poco riverberato ma le take e il mix sono molto meglio che in passato. è uno dei loro dischi che suonano meglio in assoluto e quando arriva il celestiale ritornello corale l’apertura lascia a bocca aperta. non ci si stupisce più di tanto dell’uso del rap da parte di daniel, se non fosse che questa volta lo fa in maniera sfacciata in ‘spitfall’, critica e presa in giro dei vari rapper miliardari che parlano di strada e disagio dalle loro ville mastodontiche. funziona, e anche molto bene, grazie anche all’ennesimo ritornello memorabile che spezza le durissime parti rappate. delude invece ‘cribcaged’, ballata autoreferenziale il cui testo stufa in fretta col suo polemizzare su tutti i simboli del capitalismo occidentale.
la seconda metà del disco ha un paio di pezzi un po’ generici come ‘mrs. modern mother mary’ e ‘idiocracy’ che insistono su ritmiche dispari spezzate ma fanno poco per farsi ricordare. molto meglio ‘kingdom of loss’, un classico crescendo da pain of salvation che apre in una bella melodia dai toni orientali, ma anche ‘flame to the moth’, che recupera l’aggressività di inizio disco. menzione a parte per la stupenda ‘enter rain’ che chiude l’album, non a livello di ‘the perfect element’ o ‘beyond the pale’ ma sono altri 10 minuti emozionanti che mostrano una vena epica che tornerà in futuro.

‘scarsick’ è piacione e non si fa fatica ad apprezzarlo; purtroppo il tempo ha rivelato che non ha la stessa profondità e stratificazione dei capolavori che lo precedono, si aggroviglia un po’ su se stesso e non sempre riesce a decollare. quando lo fa ne escono ancora dei pezzi fantastici, altrove perde in personalità e incisività, un problema che da qui affliggerà mr.gildenlöw per un po’ di anni, mentre i pain of salvation diventano la daniel gildenlöw band. ma questa è un’altra storia.