venerdì 31 luglio 2020

imperial triumphant, 'alphaville'



il quarto disco dei newyorkesi imperial triumphant era un caso discografico già sulla carta: un gruppo che si è imposto sulla scena metal con maschere stilosissime e un suono che fagocitava ogni tipo di influenza presenta un disco prodotto da nientemeno che trey spruance (mr.bungle, faith no more, etc) e con ospiti come tomas haake e un barbershop quartet vocale.


‘alphaville’ supera di gran lunga le premesse, diciamolo subito. nonostante il suono cangiante e le ospitate illustri, il focus è sempre sulla musica e sull’orrendo viaggio in cui trascina, un’oscurità epica e grandiosa ma anche metropolitana e claustrofobica come la bellissima copertina.

iniziamo dalla parte tecnica: il mix è perfetto e non solo valorizza le incredibili parti di ogni strumento ma crea un magma sonoro magico ed avvolgente, aiutato da un mastering a regola d’arte che spinge l’impatto senza perdere in dinamica. riassunto, questo disco suona da paura.

kenny grohowski è un batterista pazzesco, del resto arriva da john zorn, non poteva essere altrimenti (sentitelo su ‘inferno’ con john medeski all’hammond); il basso di steve blanco fa ben più che accompagnare (o scomparire, come in troppo metal), è un continuo contrappunto fantasioso e dal suono devastante che lotta con le chitarre di ezrin, cattedrali di dissonanze e contorsioni ritmiche che vi faranno cadere la mascella. se c’è un appunto da fare è alla voce, decisamente troppo monocorde e non particolarmente potente, forse una maggiore dinamicità (e aggressività) avrebbe contribuito a migliorare ulteriormente il tutto ma tant’è, funziona e non è brutta.


un punto di forza del gruppo è il saper comporre labirinti sonori complicatissimi mantenendo però un filo logico molto evidente e senza mai perdersi in tecnicismi onanistici, come tanto piace a molti gruppi metal. c'è più un filo conduttore che li lega agli orthrelm come stile che non con il metal contemporaneo; del resto alla produzione collabora anche colin marston che ha lavorato proprio col gruppo americano, oltre che con i fenomenali pyrrhon, coi krallice, con jarboe, i kayo dot e altri terroristi metallici assortiti.

perché di metal si parla, non di altro. certo, è molto lontano dagli iron maiden ma è un suono che parte dal death e dal black per farne un uso depravato che potrebbe farvi venire in mente i migliori today is the day. a me li ha fatti venire in mente in vari momenti ma in altrettanti momenti ho pensato anche ai king crimson (soprattutto durante ‘excelsior’ e ‘city swine’) e tutti sappiamo quanto a steve austin piacciano i king crimson, per cui è tutto un po’ un girotondo di gente che si odia ma poi in fondo si vuole bene. e comunque trey spruance non sta lì per nulla, in alcuni passaggi l'ombra dei mr.bungle più metallari, cattivi e violenti fa capolino tra le bordate di note.

lo si può chiamare progressive metal volendo ma ovviamente se pensate a dream theater o pain of salvation siete completamente fuori strada, qui tutto è estremizzato, velocità, armonie, aggressione, siamo proprio da un'altra parte.


gli arrangiamenti sono quello che porta tutto questo a un livello superiore: il piano nel finale di ‘city swine’, l’intro vocale di ‘atomic age’ e l’incredibile apertura ‘in accelerazione’, la stupenda intro per piano e trombone di ‘transmission to mercury’, la sua parte black con coro e trombone, le trovate percussive sparse per i brani, tutti pezzi di un’immagine più ampia che si svela completamente solo sul finire dell’album, quando il viaggio sta per compiersi e sarete totalmente rapiti dal suono.

sarebbe stato facile cadere nell’errore del disco sfilacciato, discontinuo e “troppo” ma gli imperial triumphant riescono ad evitare la caduta con grande stile e sfornano uno dei dischi metal più originali, intelligenti e artistici degli ultimi anni, nonché uno dei più solidi per ispirazione e riuscita.


assolutamente da non perdere.