sabato 11 luglio 2020

pain of salvation, 'be'


‘be’ è il classico disco che si ama o si odia. a parte questo, è il primo disco dei pain of salvation che davvero pecca di arroganza, se qualcuno dovesse dire che piscia fuori dal vaso sarebbe difficile dargli torto. 
eppure.

eppure ‘be’ quando funziona è una figata colossale.
innanzitutto, cos’è? è un concept filosofico-metafisico sulle ragioni dell’esistenza di dio e dell’umanità. è abbastanza? sai mai, magari vi aspettavate di più. se non dovesse bastare, potete sapere che è accompagnato da un dvd che riporta l’esibizione live con tanto di produzione, costumi, orchestra e scenografia. non basta? c’è un booklet di 50 pagine che arriva a parlarvi dei fottuti tardigradi.
è tanto, in ogni senso immaginabile, e talvolta le sue ali sono tarpate da un’eccessiva enfasi spirituale che rasenta il new age. eppure è graziato da una costruzione melodica che ha del miracoloso. i suoi momenti migliori (‘imago’, ‘pluvius aestivus’, ‘dea pecuniae’, o ‘iter impius’) volano su melodie incredibili sorrette da arrangiamenti che prendono dal folk, dalla classica, dal funk, dal metal, in pratica non si fanno problemi a scomodare qualsiasi tipo di suono si adatti al loro messaggio. ha più del musical di broadway che del disco (men che meno metal, non sono i savatage), con tanto di personaggi, tutti interpretati da un gildenlöw al top della sua forma canora (e del suo ego, si pensò all’epoca. ci sbagliavamo. oh, come ci sbagliavamo.).

se l’introduzione di ‘deus nova’ è piuttosto canonica, ‘imago’ è un tripudio di melodie una più bella dell’altra, con un’arrangiamento che unisce la rock band a orchestra e mandola prima di riversarsi nel gioiello immaginifico che è ‘pluvius aestivus’, brano per piano e orchestra che introduce vari temi che torneranno nel corso del disco, un momento in cui il valore della musica giustifica l’eccesso di enfasi spirituale. la successiva ‘lilium cruentus’ è un buon paradigma per alcuni brani del disco che, pur non essendo brutti, risultano interlocutori e più asserviti alla storia che ad un’effettiva riuscita musicale. non sono brutte canzoni, assolutamente, eppure non sono a livello dei picchi e rallentano un po’ il ritmo del disco. ad ogni modo, ‘lilium cruentus’ riporta decisamente davanti alcuni suoni e melodie di ‘one hour by the concrete lake’ che torneranno prepotentemente in futuro.
‘dea pecuniae’ è una mini-suite che presenta il personaggio tremendamente stereotipato e piatto di mr.money ma lo fa in maniera molto efficace, con un mix di rock, funk, gospel, tempi dispari e arrangiamenti orchestrali; per quanto questo sembri la ricetta per una pacchianata orrenda, alla fine la somma delle parti funziona e il pezzo è memorabile, anche per la straripante interpretazione vocale di daniel.
‘vocari dei’ è un esperimento: la band all’epoca ha aperto un numero telefonico che i fan potevano chiamare per lasciare i loro messaggi “a dio”. esperimento riuscito? meh, è uno di quei momenti in cui il gruppo sembra crederci un po’ troppo e si scade in un’emozionalità scontata e monodimensionale, un po’ come il personaggio di mr.money.
‘diffidentia’ sta in quel gruppo di pezzi con ‘lilium cruentus’, molto ‘one hour’, un taglio decisamente più metal ma anche meno sostanza, per quanto dal vivo funzioni molto bene. c’è a questo punto il momento più lento del disco, nulla di orrendo (anche se ‘omni’ rientra di diritto tra i 10 pezzi peggiori della discografia) ma la narrazione prende il sopravvento per qualche brano rendendo la musica meno importante; di fatto bisogna aspettare ‘iter impius’ per avere un’effettiva canzone ma l’attesa è assolutamente ripagata. è un brano in continuo crescendo in cui la vocalità teatrale di gildenlöw è libera e scatenata, sopra ad un arrangiamento tra i più rock del disco, se non fosse per le trame orchestrali che riempiono ogni vuoto. segue ‘martius/nauticus ii’ che riprende vari temi del disco e porta il tutto alla conclusione di ‘animae partus ii’ con la quale la storia ricomincia.

lungi dall’essere un brutto disco, ‘be’ pecca di presunzione in vari modi, dal concept agli arrangiamenti d’archi che ogni tanto sconfinano nel pacchiano; è il musical di gildenlöw e lui è protagonista in ogni modo, al punto che si perde parte dell’insieme che aveva reso unici i pain of salvation. contiene comunque una manciata di pezzi grandiosi e merita sicuramente un ascolto, in particolare da chi cerca più melodia e meno metal.