martedì 16 marzo 2021

joseph williams & steve lukather, 'denizen tenant'/'i found the sun again'



doppia uscita in casa toto, ’denizen tenant’ di joseph williams e ‘i found the sun again’ di steve lukather, due dischi “fratelli”, usciti lo stesso giorno e condividendo parte dei muscisti. 

l’attuale situazione dei toto è piuttosto triste, con paich ritirato dai tour e il gruppo ridotto a conflitti legali e litigi tra persone che si conoscono e rispettano da decenni.

non si può non pensare che buona parte dei pezzi di questi due album, se messi insieme nel modo giusto, sarebbero stati forse il miglior disco dei toto da ‘kingdom of desire’.


il disco di williams è decisamente più pop: arrangiato nei minimi dettagli, pulito (ma mai freddo), melodico, creativo e prodotto coi controcazzi, è un album che quando azzecca la canzone giusta vola altissimo e la tripletta iniziale sta lì a dimostrarlo: ‘never saw you coming’ è misteriosa e groovy con la voce di williams in grande spolvero e la magica chitarra di mike landau; ‘liberty man’ è un pezzo dei toto fatto e finito (scritto con paich e con simon phillips alla batteria), dalle intricate trame strumentali alle melodie radiofoniche; ‘denizen tenant’ è una delle perle assolute dell’album, un pezzo scritto in modo magistrale in un gioco di arrangiamenti creativo e divertente su cui le voci si incrociano in modi sorprendenti ed efficaci.

‘black dahlia’ è un altro gioiello, scritta con nientemeno che jay gruska (sua figlia barbara alla batteria) e in compagnia di mr.paich, arriva a ricordare gli steely dan nelle sue melodie vellutate mentre ‘the dream’ pare arrivare direttamente da ‘the seventh one’.

non convnce del tutto la cover di ‘don’t give up’ di peter gabriel, un po’ mielosa nonostante un bell’arrangiamento stratificato e ricco. in generale nella seconda metà il disco si appoggia un po’ troppo, pur sfoggiando la bellissima ballata ‘no lessons’ e un ottimo finale con ‘world broken’, col suo senso di catastrofe incombente.


a questa grande produzione e rifinitura si contrappone ‘i found the sun again’: il disco di luke è registrato quasi interamente live in studio, un pezzo al giorno, con una band composta da jeff babko e david paich alle tastiere, greg bissonette alla batteria e jorgen carlsson al basso, con la partecipazione di joseph williams ai cori.

partiamo dalla sorpresa più bella: non c’è neanche una delle balate stracciapalle tipiche del lukather passato. tutto il disco ha una grinta e una verve strumentale eccitanti che rendono i brani divertenti.

è un album più uniforme rispetto a ‘denizen tenant’, anche se bisogna riconoscere che la cover di ‘the low spark of high heeled boys’ dei traffic è uno dei momenti più alti di entrambi gli album, un torrente di note e groove che avvolge per dieci minuti abbondanti, con babko e paich a dialogare fra piano e hammond e la chitarra di luke che vola altissima (oltre alla buona prova vocale di steve per tutto il disco).

ma sono ottimi anche i primi due pezzi, con ‘along for the ride’ a roccheggiare duro e ‘serpent soul’ a rispolverare l’hard-groove dei migliori toto, con tanto di prestazione maiuscola di paich al piano.

potrei anche dire che ‘run to me’ invece è il momento più basso di entrambi i dischi, coi suoi 3 inutili minuti glorificati dalla presenza di sua maestà sir ringo starr alla batteria (oltre a john pierce al basso e williams che si occupa d tutti gli arrangiamenti del pezzo). fuori contesto (unica registrazione esterna alle sessioni), molle, scarsa ispirazione, è una canzoncina pop inutile che si dimentica in fretta. 

per fortuna a chiudere il disco c’è la cover pazzesca di ‘bridge of sighs’ di robin trower, in cui la chitarra di luke fa il buono e cattivo tempo, trascinando tutta la band nel groove lento e ipnotico del pezzo.


conclusione? wow. la penna di entrambi i musicisti è evidentemente in ottima forma e quando si unisce anche paich nascono dei gioielli che, mi ripeto, avrebbero composto un disco dei toto da far impallidire gli ultimi 25 anni di produzione del gruppo. quando si unisce anche la penna di paich la magia di ‘toto iv’ o ‘the seventh one’ è dietro l’angolo ma anche da soli i due musicisti hanno scritto una manciata di canzoni assolutamente degne di stare nei loro cataloghi, dopo quasi 50 anni di carriera scusate se è poco.