domenica 23 febbraio 2020

rush, 'all the world's a stage'



un live ogni quattro dischi, questa la logica ferrea che ha regolato le uscite dei rush per 25 anni, dal 1974 al 1998. ogni live è una fotografia, un momento nella storia del gruppo, rappresentazione fedele di quello che i rush hanno sempre offerto al pubblico: concerti in cui i brani migliori della produzione prendono vita, grazie ad una coesione e ad un suono di gruppo che conosce pochissimi rivali nella storia del rock.
'all the world’s a stage’ è il primo e, inevitabilmente, il più grezzo di questi live, finestra sui primi anni del gruppo registrata in tre serate alla massey hall di toronto (11, 12 e 13 giugno 1976) durante il tour di ‘2112’, iniziato bene e finito meglio, col gruppo finalmente headliner di una serie di serate esplosive.

i pezzi suonati spaziano equamente fra i primi 4 album, proponendo la suite ‘2112’ (in versione abbreviata a 15 minuti) e ‘something for nothing’ dal recente ‘2112’ e una buona selezione dai tre dischi precedenti. l’inizio con la doppietta ‘bastille day’-‘anthem’ è subito ad altissima energia, il suono non è dei migliori ma non toglie nulla alla grinta del trio. si fanno notare i pezzi nuovi per un suono più distinto e deciso rispetto a quelli più vecchi ma anche ‘what you’re doing’ e soprattutto ‘by-tor’ escono rinvigorite dalla dimensione live. ‘2112’ è suonata con una foga maggiore rispetto all’originale e la voce di geddy ogni tanto vacilla ma nulla di grave, il pezzo anche dal vivo è una bomba e trascina il pubblico nell’universo distopico creato da peart e compagni. parlando di peart, il finale della potentissima ‘working man’ presenta quello che sarà un momento fisso dei concerti attesissimo da molti fan: l’assolo di batteria. l’assolo di peart presenta qui delle fondamenta che resteranno visibili lungo tutta l’evoluzione di quella che possiamo effettivamente considerare una composizione, visto che ad ogni tour veniva modificata o espansa mantenendo sempre dei tratti melodici ricorrenti molto evidenti. qui il tutto è ancora grezzo e in via di sviluppo ma mostra già la perizia tecnica e il gusto melodico di un musicista straordinario a dir poco.

'all the world’s a stage’ non è il miglior live dei rush (questo trofeo spetta senza dubbio a ‘exit… stage left’) ma è una rappresentazione fedele di quello che era un loro concerto in quel periodo, oltre che l’unico modo per sentire gli arrangiamenti live di pezzi che non sarebbero mai più (o raramente) stati eseguiti.