domenica 19 dicembre 2021

really from

i really from arrivano da boston, sono quattro musicisti usciti dalla berklee e hanno una passione comune per la decostruzione del rock. partendo dalle basi messe da slint, fugazi, bark psychosis, drive like jehu, american football e certi tortoise, il quartetto imbastisce un telaio “post” che poi si diverte ad arrangiare con il proprio curioso organico (chitarra/voce, tastiere/voce, tromba e batteria).

non è nulla di rivoluzionario ma creatività, capacità compositiva e padronanza tecnica non mancano mai e le ambientazioni notturne danno fascino a tutta l’opera, pervasa anche da una certa fumosità jazzy che trova ovviamente nella tromba la sua voce principale.


non sono qui a dirvi che i really from vi cambieranno la vita, non lo faranno. eppure mi sono stupito di quante volte abbia ascoltato questo disco, vuoi per la finezza degli arrangiamenti, per la rassegnata bellezza delle melodie, per la creatività del gruppo o anche semplicemente per la cura incredibile negli aspetti tecnici: i quattro non solo hanno tecnica da vendere (e sanno quando usarla e quando no) ma hanno anche un gran bel suono, ripreso alla perfezione da seth manchester ai machines with magnets e valorizzato con un mix molto vivo e dinamico.

‘apartment song’ è un’apertura che fa subito pensare agli american football ma ci pensa subito ‘quirk’ a portare gli americani in territori ancora più sofisticati in cui la struttura si apre, le voci giocano coi diversi timbri e la tromba porta continuamente il baricentro verso un jazz-rock moderno che, pur non venendo mai completamente in primo piano, è sempre presente nei dettagli.

‘try lingual’ sembra presentare il lato più morbido e melodico del gruppo con la bella voce di michi tassey in primo piano, poi invece si getta in un riff che più rock non si può per andare a spegnersi in un tappeto ambientale onirico che sfocia direttamente in ‘i live here now’: una delicata introduzione per voce, synth e piano conduce a un crescendo dai toni “post” che porta a sua volta a una serie di contorsioni strutturali in cui le strofe si alternano a continui cambi strumentali da capogiro, uno dei pezzi migliori del disco assieme a ‘i’m from here’ che rincara la dose digrignando anche i denti nel finale.

‘in the spaces’ spinge su un bellissimo crescendo strumentale ricco ed epico che porta al finale con ‘the house’, commiato acustico per chitarra e voce in presa diretta, a ribadire l’ecletticità della proposta del gruppo.


i really from difficilmente cambieranno la storia del rock ma la loro forza è una proposta creativa, personale e intensa, oltre ad essere suonata e registrata in maniera eccellente. in poche parole, un disco da consumare.