lunedì 3 maggio 2021

the armed, 'ultrapop'

 


‘only love’ mi aveva letteralmente spaccato la faccia. un disco mostruoso, caotico ma chirurgico, un’orgia di suoni e rumori perfettamente organizzati in un proiettile esplosivo. 

a tre anni di distanza tornano i the armed con ‘ultrapop’ e in qualche modo riescono a fare ancora meglio.


cosa è cambiato? tutto e niente. il muro di suono è mostruoso, giganorme, ultracompresso e impenetrabile, la stratificazione è ancora estrema ma ci sono un po’ meno elementi mischiati rispetto al precedente album. soprattutto, come dice il titolo stesso, c’è un’attitudine più pop nella costruzione di melodie e ritornelli fottutamente catchy che vi ritroverete a canticchiare sotto la doccia, immaginando il caos alle spalle.

l’ingresso di chris slorach, bassista dei metz ma qui alla chitarra, porta una ventata in più di spigolo hardcore a pezzi come ‘a life so wonderful’ o ‘average death’. ad ogni modo la formazione ufficiale vede coinvolti otto elementi, più eventuali ospiti.


quello che fa vincere il disco però sono i pezzi. vorrei citarli tutti, non lo farò ma vi assicuro che non c’è un solo secondo in tutto il disco che sia sottotono. ci sono dei miracoli nel miracolo, quelli sì: ‘all futures’ è un inno furibondo e assordante così come l’incredibile ‘faith in medication’ è una tempesta di riff che si abbatterà sulle vostre povere (o fortunate) orecchie intrecciandosi a melodie inaspettate; ‘an iteration’ e ‘average death’ sono piccoli gioielli di melodia in cui hardcore, noise, metal, pop ed elettronica creano un mix che chiamare affascinante è poco. che dire poi delle abominevoli esplosioni di ’where man knows want’ (con la chitarra di kurt ballou, produttore esecutivo del disco) o ‘big shell’, in cui la devastazione è magistralmente bilanciata dalla voce di cara drolshagen, che altrove invece sbraita come un’ossessa.

‘bad selection’ spinge sulla visione del pop dei the armed con un beat ossessivo e un’orgia di arpeggiatori e synth che sostengono le belle melodie delle voci, uno dei brani più melodici dell’album, non fosse per gli ultimi 40 secondi che… beh scopritelo voi. e poi chiudete l’ascolto con ‘the music becomes a skull’, un baratro dark-electro-industrial dominato dal vocione di mark ‘prezzemolo’ lanegan. certo, poi pestano anche, se no che gusto c’è?


è tutto un gioco di contrasti, perfettamente organizzato e gestito da un gruppo tra i più originali e creativi del panorama rock estremo, un frullato di contraddizioni che miracolosamente stanno insieme per creare qualcosa di diverso, fresco e intenso.

nonostante il volume esagitato e il continuo martellamento, ‘superpop’ vi richiamerà continuamente. è un disco che crea dipendenza e, nonostante già alla prima botta rapisca completamente, richiede un sacco di ascolti e di attenzione per essere veramente sviscerato e compreso.

non è musica semplice né per tutti ma la nitidezza della visione che i the armed hanno della materia rock è qualcosa di strabiliante e li ha portati a pubblicare un disco modernissimo, coinvolgente e divertente come nessun’altro quest’anno ha fatto (per ora). 

un’altra standing ovation nella speranza di poterli vedere prima o poi anche da queste parti con uno dei loro live schizofrenici.