domenica 14 settembre 2025

queensryche, 'q2k'

 


di tutte le cattive idee che potevano venire a geoff tate e ai queensryche nel 1999, sostituire chris degarmo con kelly gray è probabilmente una delle peggiori. il chitarrista, amico di tate dai tempi dei myth, non solo è completamente anonimo come strumentista ma si allarga anche al mix del disco, invero una delle cose peggiori in uno dei capitoli più bui della storia del gruppo.

il suono è impastato, la batteria compressissima perde ogni dinamica, il basso è quasi irriconoscibile e la voce è sempre sempre sempre passata da un overdrive davvero fastidioso. suona un po’ tutto una merda.


a livello di composizione i queensryche sono evidentemente allo sbando, giustificato da tate come “sperimentazione” ma facilmente smascherabile già al primo pezzo, la sciapa ‘falling down’. restiamo in territori rock, con qualche leggera puntata nell’hard ma ‘q2k’ vorrebbe essere un disco radiofonico di canzoni semplici, purtroppo per i nostri amici c’è una linea neanche troppo sottile che divide il semplice dal banale.

per capire di cosa si parla basti ascoltare il meno peggio: ‘sacred ground’ ha qualche buono spunto melodico, ‘liquid sky’ delle armonie vocali che non sono male e nel mediocre piglio settantiano di ‘burning man’ si può almeno apprezzare un buon lavoro della sezione ritmica ma parliamo di briciole.

poi la sorpresa. ancora una volta, l’ultima, il pezzo che chiude l’album sembra scritto da un’altra band. ‘the right side of my mind’, gli unici 6 minuti che davvero vale la pena ascoltare di tutto ‘q2k’, una sorta di continuazione del discorso di ‘spool’, con un bellissimo ritornello e gli unici momenti di chitarra davvero validi di tutto il disco.


forse hanno avuto fretta di dimostrare di essere ancora vivi, magari con un po’ più di tempo sarebbero stati in grado di scrivere un altro paio di ‘right side of my mind’. chissà, è andata così e l’unico merito che si può dare a ‘q2k’, a parte la sua splendida chiusura, è di aver tenuto insieme il gruppo in un momento di crisi. visto com’è andata dopo, oggi qualcuno potrebbe chiedersi se ne valesse veramente la pena e non ci sarebbero moltissimi argomenti per dargli torto.