i queensryche sono stati uno dei gruppi metal americani più interessanti partoriti dagli anni ’80, protagonisti di un’evoluzione che li ha portati ad attraversare molte sfaccettature del suono metal prima e rock più tardi. hanno avuto un momento di enorme successo all’inizio degli anni ’90 ma l’inizio della loro storia è tracciabile fino alla fine dei ’70, quando a seattle il chitarrista michael wilton incontra l’altro chitarrista chris degarmo.
i due suonano insieme per un po’, poi in vari avvicendamenti si perdono ma arriva il batterista scott rockenfield che con wilton forma i cross+fire, ai quali presto si aggiunge degarmo con il bassista eddie jackson e il gruppo cambia nome in the mob. la band suona cover di iron maiden e judas priest e si trova ad aver bisogno di un cantante per una serata, per cui viene ingaggiato un giovane dalla voce sovrumana dal nome jeffrey wayne tate, meglio conosciuto come geoff, più grande di qualche anno. dopo il concerto gli viene chiesto di rimanere col gruppo ma lui rifiuta perché non ama cantare cover e va nei myth con il chitarrista kelly gray, che (purtroppo) ritroveremo molto più avanti nella storia.
nel frattempo i the mob hanno scritto dei pezzi originali e vorrebbero registrarli ma sono ancora senza cantante, per cui viene richiamato tate che non solo accetta ma scrive anche il testo per uno dei brani, ‘the lady wore black’.
quando il demo viene registrato il gruppo si chiama ancora mob e tate è solo un cantante ingaggiato ma oggi quando si ascolta ‘queen of the reich’ si fa davvero fatica a non pensare a tutto quello che è successo dopo. ad esempio quanto sia significativo che il pezzo si apra con uno stop di basso e batteria, visto che proprio la sezione ritmica diventerà una delle grandi armi dei queensryche. il pezzo trasuda metallo, brufoli, maiden e judas ma i suoi riff hanno un che di minaccioso, amplificato dal basso budget (il disco fu registrato di notte per poter lavorare di giorno) e dalla tipica produzione riverberata del periodo. quello che però colpisce subito è la pazzesca voce di tate, già capace di ottimi vibrato e di acuti inarrivabili, è la vera arma che varrà al gruppo il suo primo contratto, prima di cambiare nome spirandosi proprio al titolo di questo pezzo.
‘nightrider’ è altro classico metallone ottanta che nella sua intro prova già qualche gioco di arrangiamento strutturale, ricordando vagamente certi mercyful fate prima di gettarsi nel rifferama dei judas priest mentre ‘blinded’ non ci prova neanche, nel metallo nasce e nel metallo muore fieramente.
il pezzo più interessante del demo è di gran lunga ‘the lady wore black’, da tanti punti di vista. inizia come ballata, trainata da spettrali arpeggi di chitarra che fanno da base a tate, il quale mostra una sensibilità teatrale fin qui inedita che presto prenderà il sopravvento nel suo stile. la sezione ritmica entra alzando le dinamiche, poi tutto esplode in un ritornello che è un inno per i fan, in cui le chitarre si fanno di nuovo metallo e tate tocca vette inarrivabili. anche l’assolo di chitarra su tempo dimezzato sembra presagire futuri sviluppi e il pezzo resta ad oggi un grande classico, paradigma dinamico e strutturale per molti brani a venire.
‘prophecy’ chiude il demo con un altro proiettile metal, il cui scheletro in qualche modo verrà modificato e migliorato almeno fino a ‘rage for order’.
dopo le registrazioni tate se ne torna nei myth e non ha particolare voglia di stare coi mob, i quali continuano a cercare un cantante e intanto passano un anno a mandare il demo ovunque possano. si trovano almeno un manager, il quale però gli dice che i the mob esistono già e da qui si passa a queensryche, con la y per non essere presi per nazisti. sai com’è.
poi il demo arriva alla redazione di kerrang che ne fa una recensione entusiastica e tanti iniziano a parlare di questi queensryche, del loro cantante disumano e del loro demo fantastico, abbastanza che la 206 records decide di pubblicarlo così com’è, presentandolo come ep d’esordio che inizia a vendere discretamente. a questo punto geoff tate, che coi myth sta ottenendo ben poco, capisce come tira il vento e si unisce ai queensryche, completando una formazione che resterà invariata per 14 anni ed è diventata leggenda.
iniziano i concerti e il nome arriva a mavis brodey, manager della emi che, dopo aver assistito a uno di questi live offre alla band un contratto di quindici anni per sette dischi.
proprio allo scadere di questo contratto ci sarà una crisi insanabile nel gruppo ma non stiamo a pensarci adesso, torniamo invece a goderci questo mini-esordio di una formazione già pronta a diventare leggenda.