martedì 25 settembre 2018

prince, 'piano & a microphone 1983'


non ci sono tante storie da raccontare su questa prima vera uscita postuma: nel 1983, dopo '1999' e prima di 'purple rain', un giorno prince entra nel suo studio casalingo, chiede a don batts di far partire il nastro e registra 35 minuti di musica in solitudine, lui, il piano e, appunto, un microfono (il titolo del disco riprende quello dell'ultimo tour di prince nel 2016).
ci sono brani che verranno sviluppati e riaffioreranno negli anni (‘strange relationship’, ‘purple rain’, ’17 days’), brani che non vedranno mai la luce (‘mary don’t you weep’, ‘wednesday’ o ‘cold coffee & cocaine’) e anche una cover di joni mitchell (‘a case of you’), artista amatissima dal nano. il tutto è suonato di fila, senza pause, resituendo l’idea di un artista che si sta divertendo liberamente mentre intanto mette giù idee per canzoni future.

in ogni momento dell’album emerge violentemente il retaggio afroamericano di prince: il suo suono di piano e il suo approccio allo strumento sono percussivi e quasi sempre poliritmici, riportando la mente a duke ellington se non addirittura alle origini del piano afroamericano con rag e stride piano. la tecnica sui tasti è più che invidiabile: prince non suona il piano come sostituto della chitarra, è invece capace di virare la propria sensibilità verso le potenzialità dello strumento e lo usa magistralmente per sottolineare ogni passaggio (avete presente ‘how come u don’t call me anymore’?), regalandoci versioni molto diverse delle varie canzoni rispetto agli originali poi pubblicati.
altrettanto incredibile è la sua versatilità vocale, anche in una versione così casalinga; questo era il periodo in cui nei dischi finalmente anche il suo tono naturale iniziava a prendersi grossi spazi (nei primi tre dischi c'è solo falsetto) e qui lo sentiamo già perfettamente a suo agio nell'alternare i due registri, oltre a una serie di colorismi vocali molto espressivi che attraversano i brani.

è emozionante sentirlo parlare all’inizio di ’17 days’, tanto quanto sentirlo tirare su col naso durante qualche pezzo, forse non è la cosa più fine del mondo ma è talmente raro sentire prince in una versione così “in pantofole” che ogni momento del genere è toccante e fa sorridere qualunque fan.
non si pensi che siccome ‘piano & a microphone’ è un disco per piano e voce allora sia composto di sole ballate, ci sono molti momenti in cui il groove prende il sopravvento e la foga del pianista fa salire la voglia di ballare e partecipare alla festa, sono più o meno gli stessi momenti in cui prince si diverte a fare il verso a james brown (l’inizio di ‘cold coffee & cocaine’ è emblematico in questo senso) e si oppongono alle vere ballate, come la toccante ‘wednesday’ o ‘international lover’, quest’ultima anche superiore alla sua versione di ‘1999’. cito ancora ‘cold coffee & cocaine’ perché in questo pezzo tirato e libero si possono sentire i germi di quello che saranno brani deliranti come ‘bob george’.


guardiamo in faccia la realtà, questa è un’uscita per i fan, una riesumazione dalla vault che ha però un grande valore in quanto mostra un artista rilassato e senza maschere, neanche il tour ‘piano & a microphone’ del 2016 che pure ci si avvicinava moltissimo; qui però non c’è palco, non c’è pubblico, c’è solo prince davanti al suo piano con un microfono, un’esperienza profonda e commovente per qualsiasi fan del genio di minneapolis, per gli altri può essere un’opportunità per scoprire un lato normalmente nascosto di prince.