tutto ciò che era già incredibile in ‘the warning’ viene portato a un livello ancora superiore nel suo successore, ‘rage for order’ del 1986, per alcuni fan il non plus ultra dei cinque di seattle.
per alcuni aspetti ha perfettamente senso che esca nello stesso anno di ‘master of puppets’: entrambi i dischi rappresentano una maturazione netta dell’heavy metal americano, uno sul versante thrash, l’altro su quello classico, in entrambi i testi delle canzoni sono molto più focalizzati su un dolore più psicologico che fisico ed entrambi portano un certo discorso musicale ai suoi massimi livelli, tanto che sia i metallica che i queensryche dovranno spingere il proprio suono all’estremo per proseguire, con risultati buoni a metà per i primi (‘…and justice for all’) ma clamorosi per i secondi (‘operation: mindcrime’).
‘walk in the shadows’ apre le danze e da sola vale il biglietto di ingresso. la ritmica non concede tregua ma è il linguaggio delle chitarre a lasciare a bocca aperta: magistralmente scritte da degarmo e armonizzate da wilton, sfoggiano riff maestosi quanto taglienti e distanti prima di un solo che è perfezione pura, lontano anni luce dallo shredding tamarro del periodo. è d nuovo il signor tate a portare tutto questo ancora più in alto: la sua tecnica vocale è migliorata e l’espressività è più accentuata, dinamica, coinvolgente, fermo restando potenza ed estensione sovrumane.
‘i dream in infrared’ introduce pienamente la vena tecno-digitale nei testi, è una ballata ma non è una ballata, è scurissima e paranoica e lavora sulle emozioni in musica in un modo che troverà compimento in ‘promised land’ 7 anni più tardi. ‘the whisper’ torna alla potenza del primo album ma con una netta maturazione tecnica e compositiva mentre ‘gonna get close to you’, cover di lisa dalbello, è un raggelante racconto di uno stalker, in tinte cyber portate dal pesante uso di synth, un brano che fece storcere il naso a molti all’epoca ma che risulta perfettamente inserito nel contesto dell’album.
synth che introducono anche ‘the killing words’, straziante ballad lontana e algida nell’arrangiamento (con ancora un lavoro maiuscolo di chitarre) ma drammatica nella prova di tate. ‘surgical strike’ e ‘chemical youth’ sono parenti di ‘the whisper’, ottimi heavy che mantengono il livello ma poco aggiungono, al contrario del brano posto in mezzo a loro e chiamato ‘neue regel’. l’incubo tecnologico raggiunge il primo picco in un brano in cui campionamenti e sintetizzatori sono parte integrante della composizione quanto gli strumenti canonici, la struttura viene deformata e l’orrore prende forma nell’angosciata prestazione di geoff, attore in una trama oscura e drammatica… più o meno come succederà due anni dopo.
se molti album tendono a perdere colpi sul finale, ‘rage for order’ non è tra questi. ‘london’, come ‘walk in the shadows’, è pura perfezione, uno dei pezzi più queensryche che i queensryche abbiano mai scritto, con la classica alternanza di chitarre pulite e riff intrecciati a due parti, un bridge magistrale che fa crescere la tensione prima del terrificante ritornello e di un grandioso solo a due chitarre. viene da chiedersi come sia possibile ma ‘screaming in digital’ è ancora di più. probabilmente la sintesi migliore dell’intero disco, un pezzo dalla ritmica robotica martellante, tastiere aliene e riff di chitarra irripetibili. e poi, ancora una volta, lui, geoff tate, a portarsi via tutto e tutti con un’intensità che ha fatto scuola, speculando sui sentimenti delle macchine esattamente come i compaesani nevermore avrebbero fatto un decennio più tardi.
‘i will remember’ parla di venti gelidi, satelliti e pianeti lontani, chiude il disco in una nube di ansia desolante , un vuoto gelido che mette i brividi.
‘rage for order’ è un disco fondamentale nella storia dell’heavy americano, ha mostrato una via raffinata e intelligente, lontana anni luce dalle tamarrate da macho e dallo splatter ma illuminante per tutto un nuovo filone prog-metal che proprio da qui e dai fates warning muoverà i primi passi.
evoluzione, classe e canzoni indimenticabili, i queensryche nei loro anni d’oro.