Visualizzazione post con etichetta hear in the now frontier. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta hear in the now frontier. Mostra tutti i post

domenica 20 luglio 2025

queensryche, 'hear in the now frontier'

 


a volte ad alcuni dischi succedono delle cose veramente ingiuste. visto che abbiamo tirato in ballo più volte i metallica, facciamolo ancora una volta e pensiamo a ‘load’/‘reload’, due dischi più che buoni che contengono alcuni dei pezzi più belli scritti dal gruppo (‘fixxxer’, ‘until it sleeps’, ‘the house that jack built’ ma anche altre) eppure sono continuamente presi di mira e usati come esempio del crollo della band, senza il minimo rispetto per l’ottimo lavoro compiuto.

‘hear in the now frontier’, 1997, rientra pienamente in questa categoria. negli anni è stato insultato, ridicolizzato e persino rinnegato da alcuni fan che, incapaci di andare oltre al loro personale gusto, non sono stati in grado di vedere ciò che c’è di buono o di ottimo in quello che poi ok, a conti fatti è innegabilmente il disco meno riuscito dei queensryche con chris degarmo, oltre ad essere l’ultimo.


di fatto ‘frontier’ è un ‘empire’ aggiornato ai tempi, solo meno ispirato. degarmo non ha mai nascosto il suo gradire il nuovo suono di seattle, in particolare nella forma suonata dagli alice in chains, diventa amico di jerry cantrell e i due collaboreranno spesso in futuro. ecco quindi un disco fatto di riff di chitarra che prendono proprio da quel suono, lontanissimi dalle armonie e dagli assolo incrociati di ‘mindcrime’ e a due universi di distanza dall’oscurità e dall’ecletticità di ‘promised land’. 

tate cerca un timbro crudo, a volte sgraziato e incrinato da un overdrive che diventerà fisso nei dischi successivi; quando gli riesce ci sono buoni risultati, altrove è semplicemente fuori luogo per la sua voce.

si potrebbe dire che per ogni buon pezzo ce ne sono un paio inutili, rincarando la dose dicendo che alla fine di veramente imperdibile ce n’è uno solo, quella ‘spool’ che spicca come un particolare a colori in una foto in bianco e nero. è anche vero però che molti dei pezzi inutili sono comunque gradevoli e possono contenere qualche sprazzo di illuminazione, per cui alla fine, a seconda delle inclinazioni personali, la media cavalca la linea della sufficienza.


‘cuckoo’s nest’, ‘the voice inside’, ‘saved’, ‘miles away’, ‘hit the black’, tutta roba che si fa ascoltare, pezzi rock che non hanno nulla di metal, qualche buon ritornello e dei riff decenti ma i tocchi di classe della sezione ritmica scompaiono e tate fa finta di essere un cantante qualsiasi.

‘get a life’, ‘hero’ e ‘anytime/anywhere’ invece sono proprio pezzi brutti di cui non si riesce davvero a salvare niente, soprattutto se si pensa al glorioso passato del gruppo.

altri risultati ottengono invece ‘sign of the times’, ‘some people fly’ o ‘you’, pezzi che hanno una verve anche compositiva un pochino più accentuata e in cui la voce di tate fa davvero la differenza, pur restando orfani dei giochi ritmici.

si diceva che l’unico momento in cui il gruppo mostra davvero la sua classe è la conclusiva ‘spool’. non pensiate che torni il metal solo per un pezzo, rimane un pezzo rock ma il suo sviluppo è inquieto, le chitarre decisamente più incisive e la voce di tate di nuovo a livelli stellari, oltre ad essere l’unico pezzo in cui rockenfield e jackson fanno la differenza. assolutamente degna di stare in un best of del gruppo, purtroppo è anche l’unica del disco.


si diceva che il tour di ‘promised land’ è stato un mezzo flop e che la emi minacciava di scaricare il gruppo, no? ecco, il tour di ‘frontier’ non verrà nemmeno portato a termine, dopo un mese tate si ammala e il gruppo deve annullare molte date, poi la emi america va in bancarotta e i queensryche si ritrovano senza etichetta, costretti a pagarsi i concerti già prenotati per portare a termine gli obblighi. durante questo casino, degarmo annuncia al gruppo che non ce la fa più e lascia, l’annuncio viene dato all’inizio del ’98 e da allora il chitarrista è scomparso dalla scena musicale e pilota gli aerei. 

di fatto questa ferita non si rimarginerà mai, ‘hear in the now frontier’ è la fine di un’era e da qui in poi il timone verrà preso saldamente in mano da tate che condurrà il gruppo alla distruzione tra qualche disastro e pure qualche buon risultato ma sempre meno con la collaborazione degli altri, fino all’esasperazione di ‘mindcrime 2’, di fatto un suo disco solista.

questa storia poteva chiudersi meglio, siamo tutti d’accordo. dopo tanti anni però trovo giusto dare una nuova possibilità a ‘frontier’ perché non si meritava tutta la merda che gli è stata tirata in testa.