domenica 3 maggio 2020

rush, 'a show of hands'


il live della terza fase ha dei grossi pregi ma anche dei difetti non trascurabili.
il pregio principale è la scaletta: di tutti i live pubblicati anche successivamente, questo è l’unico che contenga praticamente un best of degli anni 80 dei rush, molti di questi pezzi non verranno più suonati o comunque non tutti insieme come succede qui. un altro pregio è l’ottima forma del gruppo ma questa non è certo né una novità, né una sorpresa.
quello che lascia un po’ perplessi è la resa di alcuni brani in sede live, soprattutto quelli dai dischi sovraprodotti con orchestra e quant’altro: ‘marathon’, ‘manhattan project’, ‘mission’ o ‘time stand still’ si fanno apprezzare per l’approccio live ma mancano di tutti quei particolari che le riempivano in studio; è interessante ascoltarle così ma alla fine si vorrà tornare alle versioni in studio.

discorso diverso invece per pezzi (un po’) più diretti come ‘subdivisions’, ‘turn the page’, ‘distant early warning’ o ‘mystic rhythms’, tutte rese in maniera spettacolare. l’unica concessione al passato è ‘closer to the heart’, anche se durante il tour la band suonava molti più pezzi vecchi (alcuni presenti nella versione video), mentre l’assolo di peart, qui battezzato ‘the rhythm method’, fa apprezzare ancora una volta l’evoluzione straordinaria di questo musicista che ora incorpora l’elettronica nella sua composizione, producendosi in melodie e suoni bizzarri in mezzo al maelstrom di batteria.
trattandosi di canzoni molto più rigide rispetto al passato, il live manca di momenti più liberi e naturali e risulta ogni tanto un po' troppo freddo e calcolato.

‘a show of hands’ non è il miglior live dei rush né un buon punto di partenza ma se siete fan sicuramente lo conoscete a memoria come lo conosco io. è una buona rappresentazione di un periodo particolare per il gruppo e come tale va preso, coi suoi pro e contro.