giovedì 20 giugno 2013

queens of the stone age, "...like clockwork"




avevo perso le speranze, lo ammetto candidamente. lullabies to paralyze era noioso, era vulgaris era una cagata di disco. lo sfogo dei them crooked vultures ci aveva restituito josh homme in gran forma a tirare le redini di un progetto che ancora mi chiedo perché non abbia avuto un seguito.
e invece ora tornano i queens of the stone age e lo fanno con quello che è, inopinabilmente, il loro miglior disco dal quel songs for the deaf che ha fatto tremare il mondo intero.
non a caso questa ventata di qualità riporta alla corte delle regine anche un nome che contribuì a rendere proprio songs quello che era: dave grohl. l'uomo più felice e fortunato del mondo infatti siede dietro le pelli per 5 dei 10 pezzi presenti sull'album. il resto è stato suonato dal defezionario joey castillo prima di lasciare il gruppo, tranne la title-track che vede già il nuovo batterista ufficiale della band, quel jon theodore che coi mars volta fece scintille su dischi come de-loused e frances.
impossibile poi non parlare della sfilata di ospiti che homme invita a partecipare: dal figliol prodigo nick oliveri a mark lanegan, alex turner, trent reznor, jake shears per arrivare fino a elton john che presta i tasti d'avorio a "fairweather friends", uno dei pezzi più intensi e meglio riusciti del disco (co-accreditata a lanegan).

tuttavia questa parata di freak non riesce a spostare l'attenzione dalle canzoni, anche perché ogni comparsata è quasi in incognito a livello di suono: reznor canta parti del ritornello della bellissima "kalopsia" ma ora che te ne accorgi ha già smesso, shears è tuttora non pervenuto nella granitica apertura di "keep your eyes peeled" così come turner in "if i had a tail", classico groove rock alla qotsa.
così non ci si rende quasi conto che altri due momenti massimi del disco come il primo singolo "my god is the sun" e la splendida "i appear missing" (forse l'apice dell'album) sono in realtà prodotti della band "semplice", senza nessuno a partecipare con urla, schiamazzi o pianoforti pretestuosi e ciò è solo bene. perché è giusto ricordare che homme non è uno stronzo, ce la mette tutta per farcelo credere, si impegna per fare scelte davvero sbagliate e dischi osceni come era vulgaris, ma poi fa queste figate e ti ricordi che alla fine era il chitarrista dei kyuss e sotto sotto gli vuoi ancora bene. (nonostante un "booklet" del disco che è un furto bello e buono, voto 2 al packaging)


vogliategli bene anche voi, questa volta se lo merita.