devono passare 5 anni prima che i nevermore tornino in studio per l’ultima volta. in questi 5 anni escono i dischi solisti di loomis e dane: il chitarrista annoia con un poco utile esercizio di stile chiamato ‘zero order phase’, va meglio a dane che lascia esplodere il suo lato più emozionale nel buon ‘praises to the war machine’, scritto e suonato insieme a peter wichers dei soilwork il quale porta un tocco svedese che non stona affatto con le melodie di dane; mancano i riff memorabili di loomis ma quelli mancano anche nel disco di loomis stesso per cui ‘praises’ come album ne esce decisamente meglio.
succede anche un live dei nevermore, il dvd e cd ‘the year of the voyager’, registrazione di un incendiario concerto a bochum in belgio che fa ben sperare sullo stato di salute del gruppo che snocciola classici uno dietro l’altro e devasta il pubblico per due ore.
grande attesa quindi per ‘the obsidian conspiracy’ che però arriva e si impone come disco meno interessante del gruppo dai tempi dell’esordio. sulla carta è tutto perfetto, andy sneap in regia di mix e il nuovo amico di dane peter wichers promosso a produttore dell’album. l’album vuole ritrovare l’equilibrio di ‘dead heart’, andando spesso a cercare la melodia efficace e mostrando un suono perfetto, tutto questo è evidente a partire dalla badilata in faccia di ‘termination proclamation’ ma c’è qualcos’altro, qualcosa non funziona. innanzitutto problemi in pre-produzione coi contrasti tra i membri (in genere dane-sheppard "contro" loomis-williams) che portano a una composizione frammentaria e con poca comunicazione, poi lo stesso intervento di wichers che vuole fortemente semplificare i brani, cosa che lo porta allo scontro aperto con loomis e all'abbandono del progetto prima della fine delle registrazioni.
inoltre dopo 25 anni la formula inizia a ripetersi: se questo si sentiva già in ‘this godless endeavour’ purtroppo però a ‘the obsidian conspiracy’ manca la verve di quel disco, suona come un mestiere senza ispirazione per gran parte della sua durata ed è un peccato anche per i momenti buoni che comunque non mancano.
la già citata ‘termination proclamation’ non potrà competere con i classici del passato ma in 3 minuti soli riesce a mostrare una capacità di sintesi inaspettata e a distruggere comunque tutto sul suo breve cammino, ‘and the maiden spoke’ ha una strofa tritaossa che risolve purtroppo in un ritornello banalotto ma non brutto mentre la title-track posta in chiusura ne esce come il pezzo migliore del disco con una prestazione di gruppo incazzata e trascinante, seppur ancora una volta non paragonabile ai tempi d’oro.
ma per ogni pezzo buono ce ne sono almeno due che si dimenticano contestualmente all’ascolto: le banalità di ‘moonrise’ o ‘without morals’, ‘emptiness unobstructed’ che mostra la differenza tra “semplice” e “banale”, praticamente l’ombra di ‘the heart collector’, commento che si può copia-incollare per la tremenda ‘the blue marble and the new soul’; c’è qualche pezzo che va verso il dane solista ma non riesce a catturare in alcun modo, davvero troppa noia, si cerca una semplificazione alla ‘empire’ dei queensryche ma le canzoni non reggono e il progetto resta una buona idea con una realizzazione mediocre.
un disco che lascia l’amaro in bocca, soprattutto perché è l’addio di un gruppo che al suo apice ha saputo regalare musica di livello stellare con una disinvoltura che ha lasciato tutti a bocca aperta. seguirà un buon tour che si concluderà il 20 marzo 2011 con l’ultimo concerto dei nevermore, poi silenzio, dichiarazioni di litigi molto gravi che avrebbero compromesso le amicizie nel gruppo, un altro sciapo solista di loomis e poi il sipario che cala con la morte per infarto di warrel dane il 13 dicembre del 2017, in brasile dove stava registrando il suo secondo disco solista (il buon ‘shadow work’ pubblicato postumo nel ’18, un disco con forti rimandi a ‘politics of ecstasy’).
loomis, dopo un disco noioso col progetto ‘conquering dystopia’ e un altro sciapo solista (‘plains of oblivion’, poco meglio del primo), finisce a fare il gregario di lusso per gli arch enemy ormai alla frutta, williams partecipa al trascurabile progetto ashes of ares di matt barlow e gli altrettanto trascurabili ghost ship octavius (che rincorrono maldestramente il suono nevermore) mentre sheppard praticamente scompare, a causa anche della diagnosi del morbo di chron. della gloria che fu restano solo il ricordo e una manciata di dischi scolpiti nella storia dell’heavy metal ma quelli non ce li toglierà nessuno.