lunedì 25 dicembre 2017

distant zombie warning top ten 2017

poche balle, veniamo subito ai dischi che quest'anno son tanti, per fortuna.



ulver, 'the assassination of julius caesar’

poco da dire, un disco a suo modo perfetto in cui la serietà e profondità dei contenuti lirici si sposano alla musica più tamarra e divertente mai scritta dagli ulver.’rolling stone’, ’so falls the world’, ’southern gothic’ o ’transverberation’, è un filotto di canzoni inattaccabili. se è un picco nella loro discografia, è abbastanza ovvio che quest’anno nessuno li abbia battuti.



pain of salvation, 'in the passing light of day’

dopo la pessima vicenda della cacciata di ragnar zolberg mi sono chiesto se mettere questo album in top ten o meno. alla fine però onore a lui e all’inaffondabile gildenlow per aver riportato i pain of salvation ai livelli artistici di un tempo. o quasi. non c’è dubbio che di canzoni come ‘on a tuesday’, ‘meaningless’ o ‘full throttle tribe’ non se ne sentivano da un bel po’.



wadada leo smith, ‘najwa’

il trombettista americano sta vivendo una rinascita artistica impressionante, lo ritroveremo tra poco qui sotto. ‘najwa’ prende la lezione del davis elettrico e la porta nella modernità con composizioni fluide e aperte e un’atmosfera incredibile, merito anche della produzione (e prestazione al basso) di bill laswell.



harriet tubman, ‘araminta'

ariecco mr. wadada, al fianco degli harriet tubman, trio jazz-rock di new york, fortemente attivo per i diritti degli afroamericani. ‘araminta’ è un disco spettacolare, che unisce la fisicità del power trio alla sperimentazione timbrica di smith fondendo rock, funk, psichedelia e jazz in un tessuto sonoro originale e compatto, assolutamente da ascoltare.



ex eye, 'ex eye’

colin stetson non si sta facendo mancare nulla negli ultimi anni. ora anche lui, come zorn tanti anni fa, decide di sporcarsi davvero le mani nel metallo e lo fa con questo progetto ex eye in cui il suo sassofono si contorce su un fondale black/psych/shoegaze molto ben congegnato e pieno di spunti interessantissimi.



chris bathgate, 'dizzy seas’

a 6 anni di distanza dal precedente, immenso ‘salt year’, riemerge chris bathgate dal profondo dell’america con un altro incredibile quadretto isolazionista ambientato negli spazi più nascosti degli usa. c’è una creatività vibrante che rende ‘dizzy seas’ vivo e commovente, proprio come il suo predecessore. la voce di chris è la guida perfetta, lasciate che vi porti in giro stando comodi sul divano.



flowers must die, ‘kompost'

sorpresa dell’anno, i flowers must die hanno fatto molto parlare di sé con questo bellissimo disco, nato sulla scia del successo dei loro conterranei svedesi goat. psichedelia, kraut, post-qualcosa, folk, tutto viene frullato in un album colorato che riesce ad essere contemporaneamente intelligente e coinvolgente, non è cosa da tutti.



motorpsycho, 'the tower’

salutato (sigh) kenneth kapstad, i motorpsycho presentano al mondo tomas jarmyr, già visto in azione dalle nostre parti con gli zu. ottimo batterista, diamogli tempo di ambientarsi, nel frattempo ‘the tower’, pur con qualche lungaggine di troppo, è un altro centro per i norvegesi. non è al livello del precedente ‘here be monsters’ ma nei momenti migliori (‘ship of fools’, ‘in every dream home’, ‘the cuckoo’) entusiasma e convince.



tinariwen, ‘elwan’

è qualche anno che seguo questo gruppo di tuareg del mali che negli anni si sono costruiti un suono tutto loro, un rock lievemente distorto, cantato in lingua madre e fortemente influenzato dalla poliritmicità africana. ‘elwan’ è il loro settimo disco, il suono della band è compatto e la registrazione ottima, un album da consumare.



metz, ‘strange peace’

i metz sono un trio canadese che fa un gran casino. nel tempo (siamo al terzo disco) si sono sprecati i paragoni coi nirvana, i quali sono indubbiamente una fonte di ispirazione per i metz ma non certo l’unica: il loro suono parte da quegli anni ’90 dei jesus lizard, dei fugazi e anche dei nirvana e lo porta nell’attualità, grazie anche alla registrazione da applausi ad opera di steve albini.


ne è uscita di roba bella quest’anno, non è stato facile sceglierne solo 10. ci sono state un paio di sorprese molto belle, su tutti i ju con il bellissimo ‘summa’, un art-kraut-psych-boh che può essere un ottimo punto di partenza per future evoluzioni. poche settimane fa mi sono trovato ad apprezzare moltissimo il nuovo ‘e’ degli enslaved, a proposito di evoluzioni. è un disco che sa essere intelligente senza essere freddo o intellettualoide, creativo e spiazzante ma coerente. e tanto per restare in ambito di gente che urla, come non citare lo strepitoso esordio dei dead cross, con lombardo a pestare durissimo e patton a sbraitare senza effetti e diavolerie, solo sane corde vocali torturate. il ritorno dei full of hell, ‘trumpeting ecstasy’, conferma tutto ciò che di buono si sapeva del gruppo, tra i migliori nel panorama grindcore/noise di oggi (consigliato anche il nuovo disco coi the body). parlando di ritorni, è finalmente arrivato il nuovo disco dei morbid angel, il primo dal 2003. niente intermezzi strumentali, solo mostruoso death metal come si faceva una volta, ben tornati. e mi è piaciuto pure il nuovo dei foo fighters, tiè.

a dir poco interessanti anche un paio di ristampe; da sentire almeno il bonus disc del remaster di ‘purple rain’: il remaster buttatelo via e tenetevi la vostra vecchia copia ma nel secondo cd c’è una stanza dei tesori fatta di inediti, versioni estese e quant’altro, oltre a un terzo cd con tutte le b-side dei singoli e a un dvd live dell’85. e quando dici live, dici grateful dead. i deadhead di tutto il mondo hanno potuto finalmente gioire della pubblicazione ufficiale del live dell’8 maggio 1977 alla cornell universitiy di ithaca, da molti considerato addirittura il miglior concerto del gruppo. indubbiamente in questi 3 cd è racchiuso un live da pelle d’oca, con tanto di booklet contenente un interessante saggio su quella data.

veniamo, finalmente, alle sòle, alle schifezze, alle delusioni, ai pacchi, natalizi e non.
partiamo con un convintissimo “meh” nei riguardi del nuovo converge, non male ma ben lontano dal livello del suo predecessore ‘all we love we leave behind’. diverso, ok, ma anche meno convinto. ho trovato poco convincente anche 'is this the life we really want’ di roger waters, vuole essere un disco cantautoriale ma mancano le canzoni, troppo focus sul messaggio e poco sulla musica.
generica mediocrità è stata riscontrata nel nuovo steven wilson e in ‘spirit’ dei depeche mode, spompo e senza vita (il disco bello dei depeche mode quest’anno l’han fatto gli ulver). andiamo peggiorando con un disco loffio e poco sensato dei jamiroquai, non che ci credessi particolarmente ma è proprio brutto, tanto quanto ‘emperor of sand’ dei mastodon; un tempo urlavano e scrivevano bella musica, poi hanno iniziato a cantare stonati e a scrivere canzoncine demenziali, andati, peccato.

la palma ‘rifiuto dell’anno’ però va senza dubbio alcuno a ‘the optimist’ degli anathema, pattumiera pura. che manchino le canzoni è quasi il minore dei problemi: la sovrabbondanza di ballate stracciapalle, l’elettronichina dubstep vecchia e trita e fuori contesto, il festival dei cliché nei crescendo “”””post-rock””””, la banalità e pochezza di testi da liceo e, dulcis in fundo, l’insulto finale nel pretestuoso concept sequel di quel disco fenomenale che era ‘a fine day to exit’. il rigurgito patetico di una band che si è giocata le ultime pallottole con ‘weather systems’ e ora si crogliola in un esistenzialismo spiccio da ragazzine. (si è capito che non mi è piaciuto il disco?)


ora andate e COMPRATE I DISCHI VACCA MERDA che degli mp3 non ve ne fate una fava.