domenica 1 maggio 2016

r.i.p. prince rogers nelson



non è sempre facile separare l’artista dall’essere umano che ci sta dietro. se devo sforzarmi di trovare un lato positivo nella morte di uno dei 2 o 3 più grandi artisti degli ultimi 40 anni questo sarebbe proprio il fatto che ora, non essendoci più l’umano, è rimasto solamente l’artista. siamo liberi dal dover far finta di nulla davanti a capricci e cazzate. il prezzo da pagare è però di quelli davvero pesanti: non poter mai più vedere prince dal vivo è una cosa orribile.
quando dico “uno dei più grandi” non lo dico a caso. michael jackson aveva un intuito melodico pazzesco e una capacità di arrangiamento incredibile ma poi aveva bisogno di musicisti che gli suonassero i dischi, prince no. lo stesso dicasi per il genio rivoluzionario di ray charles o di james brown, senza il quale prince di certo non avrebbe potuto fare ciò che ha fatto. l’unico a cui lo si può davvero avvicinare è stevie wonder, col quale aveva più punti in comune, dall’essere polistrumentista ad aver fatto suo uno stile che fondeva mille generi diversi in un solo pentolone. su questo aspetto però prince si è spinto ancora più in là, la sua musica ha veramente toccato ogni confine, sempre con una libertà e una naturalezza che dubito verranno mai eguagliati.
la stessa naturalezza con cui si è sempre preso gioco di tutti, a partire dai giornalisti, categoria da lui non proprio ben vista (vedasi la geniale trollata del simbolo impronunciabile, in bilico tra capriccio da primadonna e dito medio al mondo). il risultato è che si sa poco e un cazzo della vita di prince e c’è almeno una chiave di lettura che potrebbe non dico giustificare ma almeno spiegare molte delle sue scelte (infanzia difficile, isolazionismo, fama da giovane e conseguente sfruttamento da parte del business, non escludo che diventare testimone di geova per un periodo possa avergli salvato la vita anni fa).
poi però mettiamo su sign 'o’ the times e nulla di tutto questo importa più.

usiamo troppo e a sproposito la parola “genio”, senza pensare bene a ciò che vuol dire e ciò che comporta. l’artista che se n’è andato, chiamiamolo di nuovo prince o come ci pare, ormai poco importa, era un Genio e la musica tutta dovrà essergli riconoscente per sempre, tanto quanto a ray charles, miles davis o beethoven.